La crisi vissuta dall’interno. Con rammarico, tristezza però senza tormenti. A chi gli sta accanto nelle lunghe giornate di Castelvolturno, Marino mostra, sì, determinazione, desiderio di restituire ai mittenti critiche feroci e acidi commenti ma soprattutto si sforza di trasmettere ai suoi un po’ di tranquillità. «Quest’aria non mi piace, non siamo retrocessi», disse tra i denti domenica scorsa, quando era ancora bollente la sconfitta e non ha cambiato idea. Il Napoli, insomma, non finisce qui. L’altro pilastro delle sue certezze, invece, fu affidato a tutti un minuto dopo il pari deludente col Bologna.
«Ho la coscienza a posto», disse il direttore generale. E chissà quante volte l’avrà ripetuto anche a se stesso in queste ore di disagio azzurro. E di silenzio. Perché come l’allenatore e come la squadra, pure lui non parla, non racconta, non spiega, non commenta. Però nel chiuso del ritiro fa di conto. L’hanno visto far di conto. E sottolineare in rosso un «+5» che, in quanto a punti e a parità di percorso in campionato, è il saldo attivo di questo Napoli rispetto a un anno fa. Ma per le rovine di gioco e risultati che il Napoli s’è lasciato alle spalle negli ultimi due mesi, per il patrimonio di punti e d’entusiasmo che ha sprecato può essere questa una consolazione? Così come un mistero, anche per Marino, resta la ciclica crisi invernale degli azzurri. Tranne che in serie B, infatti, tra gennaio e febbraio il Napoli ha sempre rallentato. Tornato in A, poi, l’inverno è diventato addirittura nero. Non più rallentamento, infatti, ma frenata. Brusca.
E crollo del rendimento. È capitato, sta capitando anche stavolta e la delusione della gente non fa differenze. Nel vortice della contestazione, infatti, sono finiti tutti. Anche Marino, architetto d’un Napoli vincente per tre stagioni di fila e ora messo sotto accusa per una campagna acquisti non all’altezza delle precedenti, per l’ingaggio di Datolo che Reja ha relegato subito in panchina, per l’«omesso controllo» sulla gioventù azzurra amante della notte e anche per la mancanza di comunicazione nei momenti complicati come adesso. Cosa, questa, che aggiunge interpretazioni a interpretazioni e quindi confusione a confusione. Insomma, da incensato e celebrato per quattr’anni, da costruttore d’un miracolo cominciato contro il Cittadella in serie C e arrivato sino in Portogallo col Benfica in Uefa, Marino si ritrova pure lui nel tritacarne della contestazione. Ed è la prima volta. Ma, giurano a Castelvolturno, di tutto questo il dg manco si cura. Anzi, respinge anche il concetto di contestazione e va persino fiero del suo rapporto col quel tifo che domenica sera tenne la squadra prigioniera allo stadio per tre ore e che andò via solo dopo aver incontrato lui. Fiero perché in lui hanno riconosciuto ancora una volta il garante della continuità dell’impegno azzurro in campo e fuori. È vero, quell’incontro convinse le sigle delle curve a togliere il «blocco» e ad arretrare senza neppure alzare un dito, ma una spiegazione su quel ritiro imposto dal Movimento ultrà che ha fatto inorridire l’altra metà del tifo non c’è stata ancora. Ma ci sarà, assicurano da Castelvolturno. Appena possibile il club, Marino stesso, diranno che quella richiesta non fu subita ma solo condivisa.
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