“Il Napoli affonda. Senza vergogna. Anarchico, abulico, velleitario, frammentario, impreciso. Distrutto. Sento che è stata rinnovata la fiducia a Reja. E allora ditemi, per favore, chi dobbiamo sfiduciare. I giocatori? Come no? Ma insistere sul tasto della dolce vita, delle notti insonni, della condotta poco professionale di qualcuno mi sembra un grande segno di slealtà nei confronti del gruppo.
O è tutta una banda di perditempo leggeroni e scriteriati? Se così fosse, possibile che nessuno abbia il pudore di prendersi la responsabilità di raccontare com’è potuto succedere che una marcia trionfale si sia trasformata in un calvario che rischia di portare a una storica dèbacle? I controllori, ditemi, dov’erano mentre un Napoli lussureggiante andava a perdere rami e foglie, quella di fico compresa? Cosa s’aspettavano, ieri, dal Genoa? Il rinnovo in bianco del gemellaggio? Per favore – sembravano dire i nostri eroi, in campo – per favore non fateci del male. E sembravano essere riusciti nell’impresa, poi quello Jankovic (ma come s’è permesso?) ha rovinato tutto: una buffonata difensiva, un tocco e ritocco agevole, un tiro, un gol al pollo evvìa, il re è nudo e vediamo tutti la desolazione tecnico/agonistica di una squadra che per anni ci aveva mostrato solo virtù, anche povere, ma per questo ancor più degne di nota e di plauso.
Ripeto: qualcuno deve dirci la verità. Magari diversa da quella che abbiamo raccontato noi, verità che non è piaciuta, è stata contraddetta, azzerata. Dicevamo, noi, da tempo, che questa squadra andava rafforzata. Ed erano i giorni belli delle sbornie vittoriose, del San Paolo festoso tomba delle ambizioni altrui. Dove avevamo sbagliato? Forse non c’eravamo resi conto che gli avversari arrivati a Napoli erano portatori di generosi soccorsi gratuiti, una carità inspiegabile e Reja e alla sua banda di finti talenti? No, amici miei: nel calcio nulla si regala a nessuno e il Napoli si guadagnava la sua bella pagnotta giocando, segnando, divertendo anche, svettando in tivù, occupando le prime pagine. Cosa volete dirci, adesso? Che eravamo tutti ciechi, tutti illusi, tutti coglioni? Questa è crisi e non riesco a immaginare che qualcuno possa venirmi a dire, adesso – come usava nei tempi eroici – “ricominciamo dalla Juventus” che sabato aspetta i resti di una squadra orgogliosa per far vendette di gloriose bastonate ricevute dai Lavezzi, dagli Hamsik, dagli Zalayeta, da quella truppa affamata e determinata di predatori che adesso sembrano pulcini spaventati. È chiaro che – sollecitata la Società a dir la sua fuori dei denti – si debba passare immediatamente a chieder conto del crollo tecnico e chi tiene le redini del gioco, Edy Reja. Ai primi segni di disagio Reja cercava, insieme a Marino, personalità. Poi, mentalità. Lungo inutile viaggio nel regno dell’astratto. Avessero cercato uomini, sarebbe stato meglio. E se siamo ancora al punto di cercare soluzioni ignote, meglio fermarsi – dico al vecchio amico Edy – meglio far un bell’esame di coscienza e assumere, con orgoglio o battendosi il petto, un atteggiamento deciso, risultante della sua indiscutibile onestà. A farsi far fesso, qui, non ci sta nessuno. Vorremmo – dopo avere apprezzato per lunghi mesi, in passato, la scelta del silenzio – che i giocatori parlassero fuori dei denti, ci spiegassero loro cos’è successo, cosa sta succedendo, anche per difendersi, se sanno di poterlo fare. E’ ora di aprire un processo al Napoli: gli accusatori ci sono, i giudici anche, i testimoni fin troppi. La parola ai colpevoli. Queste son le tristezze del calcio provocate dalla passione quando s’incontra con la delusione, dall’amore della gente quando si sente tradita”. Questo il fondo di Italo Cucci apparso oggi sulle pagine de “Il Roma”.
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